Pagina:L'edera (romanzo).djvu/276

274 l’edera


— Che nuove a Nuoro? — le domandò semplicemente, stringendole la mano. — Fa molto caldo?

— Non molto, — ella rispose.

Lo guardò. In un anno egli aveva finito d’invecchiare: aveva i capelli bianchi, i baffi grigi: pareva zio Cosimu Damianu.

— Paulu, — disse sottovoce donna Rachele, avvertivo Annesa di non contrariare la povera Rosa. Pregala, anche tu. Dille che...

— Ma sì, ma sì! — egli disse con impazienza. Annesa lo sa già che è tornata qui per far penitenza. Te l’ho già detto, Anna, mi pare. Te l’ho detto, sì o no?

— Sì, sì, — ella rispose.



Come in una sera lontana, ella apre la porta che dà sull’orto e siede sullo scalino di pietra.

La notte è calda, tranquilla, rischiarata appena dal velo biancastro della via lattea: l’orto odora di basilico, il bosco è immobile; la montagna dal profilo di dorso umano par che dorma, distesa sul deserto infinito del cielo stellato.