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l’edera 273

gobba, con due grandi occhi metallici che avevano uno sguardo strano, diffidente e felino. Il vestito bizzarro di questa bizzarra creatura, — un costume tra il paesano e il borghese, — colpì Annesa. Ella guardò bene la vecchietta, e vide che aveva i capelli rossastri, abbondanti.

— Rosa! Rosa mia! — gridò, piangendo.

Ma Rosa non la riconobbe: e quando seppe che quella piccola donna che sembrava più giovane di lei era Annesa, l’antica figlia di anima, la sua futura matrigna, la guardò con maggior diffidenza.

— Rosa, — pregò donna Rachele, — va in cucina e fa scaldare un po’ di caffè.

— Posso andare io! Conosco la cucina, mi pare! - esclamò Annesa.

Ma Rosa trasse di saccoccia, con ostentazione, un mazzo di chiavi, aprì il cassetto della tavola, trasse lo zucchero e disse:

— Tu non sai, non sai dove sono le provviste. Ora vado io, in cucina; sta lì con la nonna.

E rimise le chiavi in saccoccia. Rimaste sole, donna Rachele disse alla sua antica figlia d’anima:

— Non contrariare la povera Rosa. Ella ci tiene, ad essere la padrona di tutto... del poco che ancora abbiamo! Non contrariarla, Annesa, figlia mia. Quando ha qualche dispiacere la povera Rosa cade in convulsioni. Non contrariarla.

In quel momento rientrò Paulu: egli era stato a messa; qualcuno l’aveva avvertito dell’arrivo di Annesa.