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268 | l’edera |
— Paulu, cuore mio! — ella gridò con disperazione. — Perdonami: guardami! Non farmi partire disperata. Perdonami! perdonami!
— Vieni con me, allora! Andiamo. Ora vado ad avvertire zio Sogos che passi diritto.
Allora ella gli si avvinghiò al collo, per impedirgli di muoversi: e fra le braccia di lui, che l’accolse sul suo petto con un impeto di vera pietà, tremò tutta come un uccellino ferito.
— Andiamo, andiamo, — egli ripeteva, — andiamo dove tu vuoi. Dovunque si può fare penitenza: abbiamo peccato assieme, faremo penitenza assieme.
La corriera arrivò, si fermò sul ponte. Annesa capiva benissimo che Paulu le parlava con dolcezza e con pietà perchè era certo che ella sarebbe partita: non le venne neppure in mente di metterlo alla prova; si staccò da lui, le parve di aver peccato col solo toccarlo. Senza dirgli più una parola riprese il suo fagotto e si diresse verso lo stradale.
Egli non la seguì.