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l’edera 265


— E allora è proprio contro la tua volontà che devo combattere?

— Sicuro.

— E perchè?

— Il perchè tu lo sai: non farmelo dire.

E ad un tratto gli occhi smorti di lei s’animarono, esprimendo un dolore quasi fisico.

— Tu lo sai, — ella ripetè, parlando sottovoce. – Te lo leggo negli occhi. Va, non tormentarmi oltre. Tu ci hai pensato un po’ tardi, al tuo dovere. Ma del resto è meglio così: quello che è accaduto sarebbe accaduto lo stesso, e tu mi avresti maledetto. Anche ora, vedi, anche ora sei cambiato con me, Paulu! Io non sono più Annesa: sono una donna malvagia. Ma, vedi, cuore mio, io sono contenta che tu non mi maledica. Avevo paura di questo. Sono contenta che sei venuto, e non ti domando altro... Tu non hai, come credi, obblighi verso di me: io ho fatto quello che ho fatto perchè era il mio destino: non l’ho fatto solo per te: l’ho fatto per tutti... per tutti voi... Ho fatto male, certo ma ero come pazza, ero fuori di me: non capivo niente. Dopo, dopo, ho capito: e ho fatto un voto. Ho detto: se loro si salveranno, se io mi salverò, voglio castigarmi da me, voglio andarmene, voglio vivere lontano da lui... per non peccare più... Ecco tutto: e ho fatto bene, perchè tanto, tanto tu... Paulu, tu... sei cambiato: tu ora hai paura di me, ed hai ragione...

— Tu vaneggi; tu sei fuori di te... — egli disse, stringendosi la testa fra le mani. — Non è vero