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24 | l’edera |
— Egli sparla di don Paulu, — diceva la donna — e gli altri lo lasciano dire... Ah, se potessi, lo butterei giù dal letto...
— Ma lascialo dire — rispose una voce d’uomo. — Chi non vede che egli è rimbambito?...
Poi le voci tacquero. L’ospite credette di sentire lo scoccar di un bacio, e fremette pensando alla bella bocca di Annesa.
Un giovane servo, coi capelli neri divisi sulla fronte, il viso scuro imberbe, gli occhi dolci e la bocca delicata, entrò in cucina.
— Salute, l’ospite — disse, sedendosi davanti al canestro delle vivande.
— Salute abbi — rispose l’altro, guardandolo maliziosamente. — Sei il servo, tu?
— Sì, sono il servo. Annesa, mi darai da mangiare? Sono tornato tardi, perchè sono stato a vedere i fuochi artificiali. Che cosa bella! Pareva che tutte le stelle del cielo cadessero giù sulla terra. Fossero state almeno buone da mangiare! E rideva come un fanciullo, socchiudendo i begli occhi castanei, e mostrando due fila di denti minuti e bianchissimi.
Ma Annesa era di cattivo umore: gli porse da mangiare e tornò fuori.
— Che ragazza seria! — disse l’ospite seguendola con gli occhi. — Bella, ma seria.
— Ohè, è inutile che tu la guardi! — esclamò il servo, che era mezzo brillo. — Non fa per te.
— Lo so: è la tua fidanzata.
— Come lo sai?