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256 | l’edera |
canza di rimorso. Ella, ora, è invasa da una specie di manìa religiosa; ma se rivede Paulu scommetto che gli ricade subito fra le braccia. Terzo: se questo avviene, siamo tutti perduti; perduti loro, i due disgraziati, perduti i vecchi nonni, l’infelice madre, perduto io, davanti al Signore, io che non sarò stato buono di salvare un’anima disgraziata. Perduti, perduti...
— Micheli, non si cena, stassera? Vieni giù, tutto è pronto.
Zia Paula stava sull’uscio: egli la guardò, senza vederla, e ripetè desolamente:
— Perduti!
— Che cosa hai perduto? — domandò la vecchia, inquieta, guardando per terra.
— Fammi venir su quella donna, va, — egli disse, levandosi la parrucca un’altra volta e andando su e giù per la camera.
— Ma come, non vieni giù, Micheli? Parlerai con lei mentre ceneremo.
— Non è tempo di cenare: va!
— Mi pare sia tempo di portare qualcuno al manicomio, — borbottò zia Paula; e scese le scale sbuffando e sospirando anche lei.
Annesa salì, entrò, muta e triste, ma rassegnata: prete Virdis continuò ad andare su e giù per la camera e, al solito, non la guardò.
— Annesa, hai letto la lettera? Che hai deciso?
— Di partire.
— Paulu era qui; abbiamo parlato a lungo. Sai cosa vuol fare? Vuole sposarti: la sua famiglia