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250 | l’edera |
non parli, ah, no, perdio! Troppo a lungo ho fatto lo stupido. Ora ho compreso tutto: tutto ho compreso, zia Paula, e voglio farlo sapere a chi tocca.
— A me? Tocca a me?
— Anche a voi, sì: e diteglielo, a quella donna, ditele che ho compresa tutta la commedia. Non farò scandali, ripeto: non butterò giù le porte, non griderò: non son cattivo, io. Altri, altri son più cattivi di me...
Egli quasi piangeva. Per un momento Annesa, vinta da quel sentimento di tenerezza quasi materna che la giovinezza e la bontà d’animo di Gantine le avevano sempre destato, ebbe l’idea di aprire l’uscio, di avanzarsi verso il giovine e dirgli qualche parola di conforto: ma l’altro poteva sorprenderli, poteva vederla, ed ella, ella non voleva più rivederlo, l’altro!
— Stassera, — proseguì Gantine, — ho veduto Paulu confabulare con zio Sogos: leggevano una lettera; dovevano senza dubbio combinare la partenza di Annesa: già, tutti questi giorni essi stanno sempre assieme. Ed egli, Paulu, il mio padrone, egli crede che io non sappia nulla, mentre so tutto. Ho le orecchie per sentire, gli occhi per vedere.
— Ed io non so niente, figlio del cuor mio; io non so proprio niente!
— Allora ve lo dirò io, quello che succede! Paulu vuole sposare Annesa, ed Annesa... forse non è contraria a questo progetto. Da lungo tempo ella non è più l’Annesa di una volta: non mi ama più, non pensa più a me. Quando partii per la