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248 | l’edera |
E prete Virdis sbuffava e rispondeva: — Anghelos santos, quanto sei cocciuto, figlio caro! Non hai capilo che Annesa è andata via lontano, e che le conviene di non ritornare più in casa tua?
Un passo in cucina: poi di nuovo silenzio. Ah, sì, senza dubbio, zia Paula era salita su, fino all’uscio della cameretta, e stava ad origliare; Annesa ne provava dispetto ed invidia: anche lei avrebbe desiderato salire la scaletta, mettersi ad ascoltare. Quasi vinta dalla tentazione, ripiegò il foglietto, s’avvicinò all’uscio e cominciò ad aprirlo, senza far rumore.
E subito vide Gantine, seduto immobile sulla panca in fondo alla cucina. Egli fissava gli occhi sulla porta d’ingresso, ma dovette accorgersi di qualche cosa perchè subito si alzò e si guardò attorno. Non vide nulla. Annesa s’era ritirata rapidamente e aveva chiuso l’uscio, appoggiandovisi tutta, quasi per impedire al giovine di penetrare nella cameretta. Passarono alcuni momenti: la voce di zia Paula la richiamò dal suo stupore e dal suo turbamento.
— Che fai qui? — domandò un po’ inquieta la cugina di prete Virdis, scorgendo Gantine in piedi presso l’uscio della cameretta.
— Vi aspettavo. Ora però stavo pensando di portar via la pentola che bolle sul vostro focolare, — rispose il giovine, sforzandosi a mostrarsi disinvolto.
— Avresti fatto un magro affare! Credi che contenga fave con lardo, la mia pentola? No,