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238 | l’edera |
ella aveva paura; le sembrava impossibile che il suo delitto dovesse restare segreto e impunito. Poi una speranza triste e ardente le tremò in cuore.
— Se fosse Paulu! — disse sottovoce.
— Tu vorresti, magari! Sta zitta!
Ella abbassò gli occhi, pensò a quello che avrebbe fatto se Paulu le fosse ricomparso davanti all’improvviso: si sarebbe gettata per terra, con gli occhi chiusi, le mani sulle orecchie, la bocca sulla polvere, per non vederlo, non ascoltarlo, non rivolgergli la parola.
Eppure, quando prete Virdis aprì il balcone e una voce di fanciullo, quasi piangente, supplicò; «Prete Virdis, mio padre sta male e vuole confessarsi», ella sospirò disillusa.
— Si è aggravato? — domandò il prete.
— Molto: pare un cadavere. Dalla bocca gli è venuto fuori tanto sangue, tanto sangue...
La voce del ragazzetto tremava: Annesa credette di vedere l’uomo che vomitava sangue, e ricordò il suo voto:
«Voglio assistere gli ammalati: chiuderò gli occhi ai moribondi...»
Si alzò, vide che prete Virdis si metteva il cappello e si dirigeva verso l’uscio dimenticandosi di chiudere il balcone, e non badando più a lei.
— Prete Virdis, posso assistere quel malato...
— Anghelos santos! Non muoverti, tu: sta lì. Quel malato non ha bisogno di te. Tornerò presto.
— Se zia Paula mi trova qui!...