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196 | l’edera |
— Noi eravamo in peccato mortale: Dio grava la sua mano sopra di noi e ci castiga, — ella pensò, curvando la testa.
A un tratto il bosco si aprì, e a destra apparve la tomba del gigante, grande e misteriosa nel silenzio lunare: zio Castigu prese a salire di pietra in pietra, tirandosi dietro la donna cieca di dolore e di lagrime.
— Perchè piangi ancora? Non aver paura, ti dico: vedrai... Cammina piano, bada di non cadere. Gli occhi ce li hai, eh? E buoni, anche!...
Ella sentiva le pietre oscillare sotto i suoi piedi, come in quel giorno, e le pareva di dover di momento in momento precipitare in un abisso. Sfiorarono infatti un precipizio; salirono fino alla pietra che dal basso e da lontano pareva una bara; ridiscesero l’altro versante della cima, e s’inoltrarono fra due muraglie di rupi. La luna allo zenit illuminava lo stretto passaggio; tuttavia il pastore procedeva cauto, sfiorando le muraglie. Improvvisamente le rupi s’aprirono; apparve tutto l’altro versante della montagna, e valli e valli e altre montagne e altre montagne ancora: ombre e vapori, e il chiarore della luna rendevano più fantastico il panorama. Annesa s’asciugò gli occhi e guardò dall’alto: zio Castigu saltò sulla roccia sottostante e l’ajutò a scendere. Di nuovo passarono lungo una specie di gradino sospeso su un precipizio, e finalmente si fermarono davanti all’apertura bassa e larga d’una grotta.