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188 | l’edera |
ti ripeto, se tu vuoi bene a Paulu. Tu lo sai, egli è per te un fratello: non perderlo, non parlare. Forse tutto si accomoderà: ma bisogna che tutti stiate zitti e silenziosi come le pietre.
— Se occorrerà dirò che la colpevole sono io... io sola... — disse Annesa con voce timida. Ma zia Anna le mise la mano sulla bocca.
— Vedi? Vedi? Tu chiacchieri già! Zitta, figlia, zitta come la chiocciola! Tu non devi parlare, non devi accusare nessuno, non devi accusarti! Non ti crederebbero, anche se tu ti accusassi; e ti costringerebbero a dire ciò che davvero hai veduto! E li perderai, figlia, li perderai!
— Ah, no, no, non ditelo neppure! — ella supplicò giungendo le mani. — Non fatemi impazzire!
— Silenzio... — disse la donna, sollevando la testa. Annesa tacque, ascoltando: udì passi gravi e rumorosi nella viuzza, al di là della spianata, e, benchè pronta a tutto, vibrò di spavento e balzò in piedi. Ma i passi cessarono: di nuovo tutto fu silenzio sotto il grande occhio giallo della luna.
— Voi credete dunque che Paulu sia rimasto lassù? — ella domandò, guardando verso la montagna.
— Io credo. Fin da stamattina si vociferava che il vecchio fosse morto in seguito a maltrattamenti di Paulu, e che questi verrebbe arrestato prima di sera. Qualche amico, qualche anima buona, avrà cercato di informare Paulu, e in seguito a quest’avvertenza egli non si sarà mosso dall’ovile di ziu Castigu. Non ti pare?