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e che tu e tutti voi siete complici. Se questo non è vero, perchè vuoi farti arrestare? Nasconditi, se sai qualche posto sicuro. Vedrai che è cosa da niente: domani forse tutto si accomoderà...

— Appunto. Voglio costituirmi per questo. Dove volete che vada, zia Anna? Non sono un uomo, per correre fra i boschi. Anzi, giacchè devono venire, lasciate che li aspetti qui. No, non verrò dentro, non voglio che le bambine si spaventino. Li aspetterò qui.

Sedette sul muricciuolo del cortile. Intorno regnava sempre il profondo silenzio della notte pura: la luna grande e gialla spuntava sopra la montagna e già un albore melanconico illuminava la spianata e le casette addossate alla chiesa. Zia Anna le si avvicinò e le mise una mano sul capo.

— Sentimi, — le disse sottovoce. — Io conosco Paulu più di quanto tu possa conoscerlo, Annesa; e so quanto egli vale. Egli è stato la rovina della sua famiglia. Ascoltami, anima mia. Se la giustizia s’è mossa, qualche cosa deve essere accaduto.

Annesa cominciò con impeto:

— State zitta... — ma poi scosse la testa e non proseguì. A che serviva? No, ella non voleva pronunziare parole inutili; voleva solo operare, salvare i suoi «benefattori».

Zia Anna le premè la mano sul capo e continuò, grave e misteriosa:

— Sentimi: tu devi sapere quello che è accaduto, e la giustizia ti cerca appunto perchè spera che tu parli. Guardati bene dal lasciarti prendere,