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l’edera | 183 |
innocenti: non avevano nulla da temere. Non pronunziò più una parola, non le venne in mente di tornare indietro e di accertarsi se Ballora s’era o no ingannata o se non avesse esagerato il pericolo. L’istinto la spingeva, la costringeva a correre, a salvarsi.
Anche Ballora e le bimbe proseguivano la loro corsa sfrenata: pareva fossero inseguite tutte dai carabinieri. Parecchie donne s’affacciarono alle porticine delle casupole, e una disse:
— Son ragazze che si divertono a rincorrersi.
E le fuggitive poterono arrivare indisturbate davanti alla casetta di zia Anna. La cucina, ove entrarono una dopo l’altra, era deserta: Annesa pensava di nascondersi nel soppalco, ma Ballora le disse:
— Non restare qui, Annesa, non restare... Prima d’ogni altro posto, verranno a cercarti qui... Nasconditi altrove...
— Dove? Dove? — ella domandò, guardandosi attorno disperata.
— Vattene, Annesa, — incalzò l’altra, — vattene: mi pare che vengano...
Allora Annesa, cieca di paura e di egoismo, non cercò di sapere altri particolari, non vide più nulla: si liberò violentemente di Rosa, se la strappò dal collo, dalle braccia, come una fronda di rovo che non volesse staccarsi; e si slanciò fuori e riprese la sua corsa. Fortunatamente il luogo era deserto: nessuno la vide, o meglio ella non vide nessuno, e potè rifugiarsi nel cortile della chiesa e di là,