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176 | l’edera |
vuto qui! Ma non abbiamo tempo per pensare a queste cose, oggi...
— Bisognerebbe avvertire don Paulu, — ripetè l’altro con insistenza.
— Egli non ha bisogno di avvertenze; lasciami in pace, Niculinu.
Ella ritornò nel cortile, ma si sentì di nuovo inquieta. Avvertire Paulu? Di che? Delle maldicenze dei vecchi sfaccendati? Paulu avrebbe riso: egli non amava i pettegolezzi. Dopo un momento ella rientrò nella cucina, per domandare al cieco che cosa i fratelli Pira avevano detto; ma Niculinu non c’era più. Nella camera s’udiva il falegname che finiva di inchiodare i galloni d’argento sul drappo nero della cassa; e quel suono lugubre di martello riuscì quasi piacevole all’orecchio di Annesa: oramai nessuno più vedeva il morto: ella sola lo vedeva ancora, livido e macabro, con la bocca aperta e gli occhi di vetro... Ma oramai la cassa nera, coi suoi galloni e i suoi chiodi, custodiva il segreto, come lo custodiva lei...
Poi il martello tacque: una voce disse, dietro l’uscio:
— Ecco fatto: andiamo a mangiare...
E a poco a poco la gente se ne andò; e i vecchi nonni e donna Rachele mangiarono, poco sì, ma tranquillamente, come persone che hanno la coscienza tranquilla e la certezza d’aver compiuto il proprio dovere.