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l’edera 171

diversa disposizione d’animo: era quasi felice, si sentiva giovane, forte, pieno di buona volontà: l’avvenire gli appariva quasi roseo. Era quindi propenso a credere all’esistenza di Dio e della sua bilancia, e, in conseguenza, della sua giustizia!

Annesa, invece, udita la notizia che il morto voleva «far del bene alla famiglia», era diventata ancor più cupa e silenziosa. Donna Rachele, intanto, compiva i riti funebri con una specie d’esaltazione religiosa, pregava e sospirava e ogni tanto mormorava:

— Morto così! Annesa, morto così!

Annesa taceva, e quando il cadavere fu rivestito e ricoperto con un drappo di damasco giallognolo, e la luce glauca dell’alba, penetrando dalla finestra sull’orto, si fuse col chiarore rossastro dei ceri che ardevano sui vecchi candelabri dorati, il viso di lei, immobile nel cerchio del fazzoletto nero, apparve come una maschera di cera.

Appena fu giorno ella andò a chiamare prete Virdis.

Egli sospese di dire la prima messa per correre nella casa visitata dalla morte: entrato nella camera dove zio Cosimu vigilava il cadavere, s’inginocchiò e pregò; poi uscì in cucina, sedette vicino al tavolo, e per qualche minuto stette silenzioso, rosso e gonfio più del solito: ma ad un tratto si sbattè il fazzoletto turchino sulle ginocchia, abbassò e sollevò il capo, sbuffò.

— Annesa mi ha raccontato... che eravate tutti presenti quando Zua è morto. Ah, perchè non mi