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— Li restituirò, certo! E non crediate che li restituirò con l’eredità del morto... No; voglio dirvi anche questo. Ho trovato un impiego. Lavorerò: andrò nelle miniere...

I due nonni lo guardavano e don Simone scosse la testa: ed anche zio Cosimu, nonostante tutta la sua bontà solita, il suo compatimento, la sua tenerezza, strinse le labbra e fece cenno di no. No, no; egli non credeva alle parole del nipote.

Ma Paulu non replicò oltre: aveva detto tutto quello che gli premeva di far sapere ai nonni. Il resto lo avrebbe detto a sua madre, più tardi; ora non ci pensava neppure.

I vecchi ricominciarono a pregare, ed egli chinò la testa sulla mano e s’immerse nei propri pensieri: dopo tutto, lo spettacolo della morte, benchè non gli riuscisse nuovo, lo rattristava, e gli faceva ritornare alla mente mille quesiti vecchi come il mondo e sempre nuovi e sempre difficili a risolversi. Finisce tutto con la morte? Abbiamo davvero un’anima immortale? E dove va, quest’anima, dopo la nostra morte? Dov’è l’anima del vecchio asmatico? Esiste davvero il Signore, il Dio dei nostri padri, seduto sulle nuvole, il vecchio Dio giusto e terribile, il Dio con la bilancia, tanto amato e riverito dai vecchi nonni?

Paulu non sapeva: ricordava la morte di suo padre, la morte di sua moglie, ma ricordava che allora la distrazione e il dolore non gli avevano permesso di rispondere ai terribili quesiti che ora gli ritornavano al pensiero. Ora si trovava in ben