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l’edera | 15 |
nina. — Ne vorrei una! Quella d’oro: deve essere una stella!
— Mattina! — disse la nonna, che ritornava con la padella colma d’olio.
Annesa mise la padella sul trepiede e la dama1 rientrò per apparecchiare la tavola.
— Cadono molto lontano? — riprese la bambina. — Sì? Nel bosco? Dove sono le lucertole?
— Oh, più lontano, certo, — rispose la donna, che aveva cominciato a friggere le trote.
— Dove, più lontano? Nello stradale? Ti pare che qualcuna cada vicino al babbo mio? E se gli cade addosso, e se egli ora è in viaggio?
— Chi sa! — disse Annesa pensierosa. — Credi tu, Rosa, che egli possa tornare stasera?
— Io, sì, lo credo! — esclamò vivacemente la bambina. — E tu, Anna?
— Io non so, — disse la donna, già pentita d’aver parlato. — Egli torna quando vuole.
— Egli è il padrone, vero? Egli è tanto forte, egli può comandare a tutti, vero? — interrogò Rosa, ma con accento che non ammetteva una risposta negativa. — Egli può fare quello che vuole; può fare anche da cattivo, vero? Nessuno lo castiga, vero?
— Vero, vero, — ammise la donna con voce grave.
Poi entrambe, la bambina sul carro, Annesa davanti al fuoco, tacquero pensierose.
- ↑ Dama e cavaliere, titoli che si danno ai nobili sardi.