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166 | l’edera |
delle seccature che il prossimo infligge in certe occasioni. Zio Cosimu piangeva, cercando di nasconodere il volto dietro la testona di Rosa. La bimba gli si era addormentata sulle ginocchia, ma ogni tanto aveva un fremito, e con la manina calda gli stringeva forte un dito.
— Sì, — diceva don Simone, — ora verranno a seccarci. In queste occasioni, quando maggiormente si ha bisogno di tranquillità, la gente viene a immischiarsi nei fatti nostri. Gli antichi seppellivano in casa i loro morti, senza bisogno di star lì a fare i funerali... Così almeno raccontano: nei nuraghes che servivano di abitazioni, si trovano le ossa dei morti..;
— No, per esempio, — esclamò Paulu, — zio Zua io non lo vorrei seppellito in casa! Sia pace all’anima sua, ma ci ha troppo tormentato...
— Lasciamo correre trenta giorni per un mese, disse don Simone. — Misura le tue parole, Paulu! Non parlare così davanti alla gente, che appunto in queste occasioni osserva tutto...
— Io sono sincero! Babbo Decherchi, vi assicuro che mi dispiace la morte di quel vecchio, ma non posso piangere.
— Ecco, perchè tu sei troppo attaccato alla vita, figlio mio, — disse allora zio Cosimu. — Neppure lo spettacolo della morte ti impone rispetto!
Era forse la prima volta che zio Cosimu parlava così aspramente al nipote: Paulu si turbò più per quelle brevi parole del nonno materno, che per i continui rimproveri di don Simone.