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balenato in mente il dubbio che il vecchio fosse morto durante il convegno suo con Annesa.

Donna Rachele non udiva nulla, presa dal rimorso d’aver lasciato morire il vecchio senza sacramenti. Le pareva di vederlo, tra le fiamme del purgatorio, con le braccia sollevate, e la bocca aperta, avido di luce e di pace. Dopo aver frugato di qua e di là, finalmente ella trovò quello che cercava: un piccolo crocefisso nero, che mise sul petto del morto.

— Bisogna lavarlo e cambiarlo, — disse, calmandosi. — Annesa, va e accendi il fuoco e metti un po’ d’acqua a scaldare. Che fai lì, istupidita? Annesa, Annesa, che cosa hai fatto!

Questo rimprovero, sebbene dolce, colpì Annesa; oramai ogni parola aveva per lei un doppio significato: ma mentre accendeva il fuoco per scaldar l’acqua da lavare il cadavere, ripetè a sè stessa che bisognava esser forte, pronta a tutte le sorprese.

Dopo un momento s’udì la voce di don Simone:

— Ma che è stato? È forse morto? Cosa dice Annesa? Perchè non ha chiamato?

— Che colpa ha quella lì? Lasciatela tranquilla! — disse Paulu, irritandosi perchè donna Rachele ricominciava a lamentarsi. — È morto e sia pace all’anima sua...

— Ma è questo, Paulu... — riprese la vedova.

— Ma lasci andare, mamma! Crede lei che se egli si fosse confessato sarebbe andato in paradiso?

— Paulu! — disse il nonno con voce grave e triste. — Rispetta almeno i morti!