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152 | l’edera |
nulla, però, nulla, neppure alla mamma. Prima ho bisogno di aggiustare i nostri affari. Ah, son davvero contento, — egli ripetè, esaltandosi, — son contento anche per quel diavolo maledetto di vecchio. Gli farò vedere che non abbiamo affatto bisogno di lui: e se continua a tormentarci lo farò cacciar via di casa. No, non abbiamo più bisogno di lui. Ma tu tremi, Anna! perchè non prendi qualche cosa? Hai provato a bere un po’ di caffè? Senti, anch’io voglio qualche cosa; sento un po’ di freddo.
— Vuoi mangiare? C’è qualche cosa: oggi avevamo il pranzo dei poveri.
— Mangiare, no: bere. Vado in cantina, poi torno. Vorrei parlare anche con mia madre, per dirle che ho trovato i denari. Ma aspetterò a domani.
— Tu vuoi passare nella camera? — ella chiese, spaventata.
— Ebbene, se si sveglia che c’importa? E che non posso fare quel che voglio, in casa mia? Non ho più paura di lui.
— No, aspetta, ti porterò da bere qui: non passare, non svegliare donna Rachele: è tanto stanca, ha tanto lavorato.
E siccome ella voleva di nuovo allontanarsi, Paulu la rattenne.
— Aspetta un momento. Avevo da dirti una cosa... ora non ricordo più... Lascia stare: non voglio bere. Non voglio bere più, sai: anche ieri sera ho bevuto, anche oggi... un pochino...