Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
l’edera | 149 |
Ella scottava, tremava, ma non per i baci di lui: vedeva sempre davanti a sè il viso colorato e il sorriso macabro del vecchio, e temeva e sperava ch’egli potesse ritornare in vita.
— Chiamando il medico, forse... — pensava.
— Annesa, che hai? La febbre, vero? — prosegui Paulu. — Sì, ora andrai a letto, subito: solo volevo dirti che cosa mi è capitato, dopo che ho scritto il biglietto. Sono ritornato nel paese di don Peu: egli mi aveva fatto conoscere la vedova di un brigadiere, una certa Zana, che presta denari a interesse. La prima volta ella mi aveva detto di no: spinto dalla disperazione io tornai da questa vedova, e le dissi...
Egli mentiva e sentiva di mentire male, ma Annesa non se ne accorgeva. La storia che egli raccontava la interessava fino ad un certo punto: oramai altre cose le passavano per la mente. Eppure provava un certo dispetto contro la vedova che, al dire di Paulu, s’era lasciata commuovere e gli aveva prestato lì per lì seicento scudi all’interesse del dieci per cento.
— È giovane, o vecchia? — domandò.
— Chi lo sa? Sembra giovane, ma a guardarla bene... Infine... — si corresse subito Paulu, — questo non importa niente: ciò che importa è...
— Lasciami: vado e chiudo, là, — supplicò Annesa, spaventata. — Mi è parso di udire un rumore. Donna Rachele può essersi svegliata. Hai fatto tanto chiasso...
— Dormivano tutti, sta tranquilla...