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l’edera 147


Ella fece un rapido movimento verso di lui, lo guardò con gli occhi spalancati: egli l’abbracciò, la strinse a sè, la baciò sulle labbra, mormorandole:

— Sì, ho trovato, ho trovato... Aspettami...

La lasciò, prese il lume e salì alle stanze superiori. Ella non sentì la stretta, non sentì il bacio, non capì che due sole cose, orribili, orribili... Egli aveva trovato i denari, egli era passato prima che ella commettesse il delitto e non aveva picchiato alla porta... Sedette sul gradino della scala, al buio, col cappotto grave e umido sulle ginocchia, e le parve che un peso enorme la schiacciasse. Egli era passato e non l’aveva avvertita: egli era salvo ed ella era perduta.

Ma in quel supremo momento di disperazione, ella intuì che la forza misteriosa della fatalità la guidava, e instintivamente si ribellò al dolore, al rimorso, alla paura, a tutte le cose terribili che l’avvolgevano e la soffocavano come la coperta aveva soffocato il vecchio. S’alzò, lasciò cadere il cappotto, attraversò l’andito e aprì la porta che dava sull’orto. Vide lo sfondo lunare del cielo, argenteo sopra il bosco nero, e respirò.

— Ho fatto tutto per lui, — pensò, intrecciando con moto convulso le mani. — Ero cieca, non vedevo, non udivo. Ed egli è passato e non mi ha avvertito! Egli mi ha scritto che voleva morire e invece sperava ancora... Mi ha ingannato... mi ha ingannato...

Paulu la sorprese sul limitare della porta spalancata, e pensò che ella avesse aperto per uscire con