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Non se n’andavano perchè infuriava ancora il temporale: i lampi illuminavano la camera con un bagliore infocato: i tuoni scuotevano tutta la casa, un filo d’acqua penetrava dal soffitto e cadeva sulle spalle di Annesa, dandole un raccapriccio nervoso; ed ella aspettava sempre, e nel sogno delirante la sua attesa diventava un’attesa misteriosa, piena di terrore e d’angoscia. Chi doveva arrivare? Che cosa doveva succedere? Ella lo ricordava benissimo: sapeva che doveva arrivare la Morte e che ella doveva ajutarla come la serva ajuta la padrona; ma oltre a questo ella aspettava altri fantasmi più terribili ancora, e indovinava che altre cose più orrende dovevano succedere... E un dolore che superava tutti i dolori già da lei sofferti, più grande dell’umiliazione del suo stato, più grave della finzione con la quale ella s’era sempre coperta come d’un manto da maschera, più intenso della sua pietà per la famiglia che l’aveva beneficata, più acuto della paura che Paulu morisse di mala morte, le lacerava l’anima sommersa nelle tenebre del male. Era un dolore senza nome; l’angoscia del naufrago che scende nell’abisso molle e amaro del mare e ricorda i dolori della vita, — belli e piacevoli in paragone al mostruoso dolore della morte.