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l’edera | 101 |
E si domandò se non aveva fatto male ad invitarlo.
— Come restituirà i denari? — pensava. — Egli non possiede più nulla. Bella figura farò io col Rettore e con sua sorella!
Rimasti soli, nella camera dal letto a baldacchino, dove era stata preparata anche la tavola per l’ospite, i due amici si guardarono in viso.
— Vuoi che usciamo? — domandò Ballore. Ma Paulu capì che l’amico era stanco e di cattivo umore e disse:
— Dove vuoi andare? Dalla persona alla quale hai promesso di presentarmi? È forse troppo tardi. Non si domandano prestiti, a quest’ora!
— Se occorre, perchè no? — disse Ballore: poi sospirò. — Ah, come sono stanco! Per poco il fuoco non mi avvolgeva e mi abbrustoliva come una fava! Ma l’abbiamo domato: fuggiva come un diavolo, e noi dietro, con fronde e bastoni, lo inseguivamo e lo battevamo e lo schiacciavamo come una bestia. Meno male, non è arrivato al bosco, ma ti dico io ci ha ben morsicato: guarda.
Fece vedere le braccia rosse, le mani infiammate: anche la barba e persino le sopracciglia folte e congiunte erano bruciacchiate. Egli sentiva tutta la distanza che passava fra lui, tipo rozzo e forte di lavoratore, energico ed avaro, pronto a tutto, anche a combattere col fuoco, e Paulu dal viso fine e pallido, dagli occhi melanconici di donna ancora cerchiati d’angoscia! E guardava il suo ospite, e ne sentiva pietà; ma che poteva farci? No, non