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DIFFICOLTÀ PEL GRAN CERCHIO. |
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il Piazzi in questa maniera. D’accordo segretamente col suo maestro a Parigi, fa inserire nel Journal des Savans, novembre 1788, la nota sua Lettre à monsieur de la Lande sur les ouvrages de M. Ramsden: gli elogi toccano l’amor proprio dell’Inglese; Piazzi ha vinto, e l’anno seguente non solo è terminato il gran cerchio, ma sono finiti con la maggior perfezione molti altri strumenti destinati a partire con quello. Però la straordinaria allegrezza del Teatino doveva essere ancora turbata. L’Uffizio delle longitudini di Londra, geloso che opera tanto perfetta uscisse dall’isola, cerca impedirlo con l’offerta di vistosa somma: «Non sono negoziante!» risponde il Piazzi; e sta fermo. Il duca di Marlborough, allora, gli pone sott’occhio la direzione del suo Osservatorio a condizioni larghissime: invano. La cosa prese tali proporzioni, che si stimò far intervenire il governo. «Non si dee lasciar partire, dicevasi, il gran cerchio, per interesse scientifico vera proprietà nazionale.» Il Piazzi a tanti ostacoli s’irritava: rifiutò ogni personale vantaggio, non badando che all’utile della scienza, che in questo caso era pur quello del suo paese. Ma, accendendosi la controversia, e appassionandosi, Ramsden, amico leale, gli rilascia ampie dichiarazioni sull'assistenza avuta dall’astronomo valtellinese, e fa intendere che, senza di esso, il gran cerchio non sarebbesi compito; il merito virtualmente doversi riferire all’Italiano; né poterglisi con onestà opporre. Anche il Ministro napolitano usò suoi uffici; si mantenne in fermezza, e lo strumento