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38 | FERDINANDO BORBONE. |
libri di testo, specie quelli del p. Macone; e al Wolfio sostituisce il Marie, e rompe le strette in cui la tradizionale dommatica dell’apriorismo avvinceva l’intiera filosofia. Delle quali innovazioni però non a lui solo, ma pur a’ deputati dell’Accademia hassi a dar lode: e la mediocrità, come sempre, a darsi briga, a strepitarne, a malignare indegnamente.
Pertanto, può dirsi che il suo arrivo colà segnasse una fase di progresso e di attività negli studi; nature buone ed elette gli si accostarono, ed egli ad esse; e nel divulgamento del bene nasceva l’emulazione e si assodava il sapere: chè niente vi ha di più proficuo e gentile dello associarsi degl’ingegni negli uffici della pubblica istruzione, o del mutuo scambio d’idee fra cultori e maestri delle molteplici discipline dell’umano scibile.
E tuttavia questi conati speciali non avrebbero potuto conseguire l’intento sperato. Vuol onestà diasi a ciascun la sua parte e, soprattutto nella storia, giova sceverare il vero dal falso, e attribuire imparzialmente a ciascuno la virtù che gli spetta.
Ferdinando di Borbone, che sedeva, sul trono di Napoli, fu principe esclusivamente inteso agli esercizi della persona, valevoli alla gagliardia del corpo, solo curante de’ materiali interessi. Sdegnoso di coltivar la mente a’ forti studi, e di ingentilire l’animo, mostrossi vero tipo di ignavia e d’abjettezza; e, a dare una giusta idea di lui, citeremo del ritratto orribile, che ne fa il Colletta, queste parole: «Fanciullo, non soffriva