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UOMINI CHIARI. 37

cora, loro allievi e seguaci, i Cari, i Fleres, i De Cosmi, i Serina, i Zerilli, i Di Blasi. Il marchese di Villabianca, assai meglio che della nobiltà siciliana, scriveva dei sette grandi uffizi dell’antica corona; e il Salvagnini insegnava le belle lettere alla gioventù, e formavala, nella sua scuola, sopra i classici, vere fonti dell’eloquenza e del buon gusto; in attesa che un Michelangelo Monti con precetti migliori e, più ancora, col proprio esempio la guidasse a maggiore altezza. — E vi eri, infine, tu, o Giovanni Meli, amore e gloria di tua isola illustre, che, dopo tanti secoli, coi canti del nativo dialetto, ti elevasti emulo incontrastato ed immortale di Teocrito e di Anacreonte; tu, dalle cui labbra scorse miele sì dolce, da formare non solo la delizia de’ tuoi, ma l’ammirazione e il diletto dei letterati d’Europa, e persin dei potenti e delle corti. — Gran parte di sì nobile e lodata gente riunivasi in letterari congressi presso due prelati, venerabili per dignità e per costumi, monsignor Ventimiglia, già vescovo di Catania, e monsignore Alfonso Airoldi, giudice della regia Monarchia, ambo cultori di scienze e lettere, ambo mecenati ed amici di coloro che le professavano.

Ma se il movimento riformatore era cominciato, importava soprattutto continuarlo; onde il Piazzi dièssi tutt’anima al cómpito suo, che gli pareva doversi forse più d’ogni altro coltivare. Lo aiutarono pertanto le amiche disposizioni d’uomini savi ed onesti, essi pure capaci dei tempi: e’ quindi a rifar metodi, a mutar