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36 CONDIZIONE DEGLI STUDJ A PALERMO.

fuori, accrebbe a quell’Università l’antica riputazione, e diede forte eccitamento alle scienze e alle lettere. Mentre per la nuova cattedra di Pandette chiamavasi il valoroso Rosario Bisso, per la botanica Giuseppe Tineo, per l’agricoltura Paolo Balsamo, e pel diritto pubblico siciliano quella mente altissima di Rosario Gregorio, il cui solo nome è un elogio; mentre alcuni di essi, ed altri che qui non accade ricordare, viaggiavano per l’Italia, Francia ed Inghilterra, apprendendovi metodi e sistemi nuovi, e progressi recenti; veniva anche lui, il modesto prete regolare, invitato a Palermo, professore di matematiche da prima, e poco appresso di astronomia. E sì che fu grande ventura per la scienza lo aver egli, Giuseppe Piazzi, trovato miglior ordine di cose e colà un avanzamento di studi tutt’altro che sperabile prima della mancanza de’ Gesuiti; e scienziati degni di lui, com’egli lo era di loro. Chè, oltre a’ suddetti, erano vanto all’insulare metropoli Gabriello Lancillotto Castelli, principe di Torremuzza, continuator del Paruta, detto a’ suoi di sole dell’archeologia; e un Vincenzo Miceli e un Tommaso Natale, precursori, l’uno del moderno panteismo alemanno, l’altro di Cesare Beccaria. E Vincenzo Sergio, che primo introdusse in Sicilia lo studio dell’economia pubblica; e, per tacere di altri, un Domenico Schiavo, compilatore delle Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, duce a quei tempi, anzi anima della sicula letteratura. E, morti monsignor Testa, il canonico Schiavo e Vito d’Amico, vi fiorivano an-