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DI JACQUIER A ROMA. 33


Giunse a Ravenna con mandato superiore; correva il 1773. Suoi uffici, dirigere il collegio di que’ nobili e tener cattedra di filosofia e matematiche. Se non che, così quivi come a Genova, ire di frati e di laici susornioni, peggiori de’ frati: pregiudizi e ignoranza da un lato; onesta fermezza e dottrina dall’altro. Pur questa volta i nemici dovettero ascondersi, e chi aveva ragione e talento trionfò; e a Ravenna rimase sino a che quel collegio venne sottratto alla direzione dei Teatini. Intanto, continuando ne’ suoi studi, pertinace e presago, è mandato nel 1778, predicatore ordinario, a Cremona; e nel successivo anno ritorna, richiesto, a Roma, lettore di teologia dommatica nel convento di Sant’Andrea. Ivi, conobbe ed ebbesi a collega il cesenate Barnaba Chiaramonti, monaco cassinese, divenuto poi, nel 1800, papa Pio VII, coronatore, indi prigione del Buonaparte a Fontainebleau; il quale, pur salito alto, non mostrossi più dimentico del Teatino. Onde i modi famigliari e la considerazione singolare non ismentiti al buon frate, provarono il senno e la bontà del pontefice, le virtù e la dottrina del Piazzi.

Allora, e’ trovavasi nel vigor dell’età e del sapere, e vieppiù s’acuiva in lui il desio d’imparar cose nuove: in dieci anni con istancabil costanza, senza mai venir meno a ogni suo ufficio, notte e dì s’affannando, dai primi elementi di geometria era giunto alla scienza dei calcoli più sublimi. Avea domo contrarietà moltiformi, vinto ardui cimenti, rimosso considerevoli difficoltà; con la coscienza di sè sentiva occorrergli pro-