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MILANO E TORINO. | 31 |
doveva e’ pure contribuire non poco a’ progressi delle scienze fisiche, vo’ dire Giovan Battista Beccaria, famoso elettricista, primo in Italia che, sull’orme del Franklin, rapisse i fulmini al cielo. E questi, conosciutone l’ingegno pronto e vivo, a innamorarlo tosto non dello studio soltanto, ma anche dei metodi, che veramente investigano e procacciano la scienza; e proprio da quel momento e’ principiò a gustare le matematiche.
Correva il 1767, quando, lasciata Torino, avviossi per Roma: lo aveano spinto il desiderio e il bisogno di consecrarsi con maggior profondità e ampiezza alle scienze sacre; chè, sebbene le speculazioni positive avessero già scosso il suo animo, sentiva, essergli necessaria, a compimento d’ogni studio, la teologia. E fu nella casa teatina di S. Andrea della Valle uditore di don Filippo Lopez, il quale passava da poi alla sedia vescovile di Nola, più tardi levato a quella arcivescovile di Palermo.
A Roma, accrebbe le tendenze e gli affetti per gli studi matematici, saviamente diretto dai padri Jacquier e Le Seur, illustri chiosatori di Newton; e sì rapido e sostanziale fu il suo progredire, che lo Jacquier se ’l tolse ausiliario ne’ lavori occorrenti alle opere sue, e soprattutto nell’esame del calcolo integrale. Però, i superiori non vedevano con occhio sereno questo suo applicarsi a siffatte scienze; le quali, astraendo la mente nelle regioni di fatti irrepugnabili e severi, pareva lo dovessero di altrettanto allontanare e rendere indipendente da loro. E così passarono anche a