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mento, bell’opra di Costantino Corti, al più grande Valtellinese. Tale fu Giuseppe Piazzi: uomo e cittadino, la ferma ed onesta severità delle proprie convinzioni

    sere, scaturita dall’italico pensiero per opera dell’ingegno e della mano, sente il dovere di farsi riparatrice; e la riparazione è tanto più proficua quanto è più bello il raggio della libertà ed assicurato il còmpito dell'indipendenza. Così, onorando gl'ingegni, proponiamo all’ammirazione dei figli le grandi virtù cittadine, perchè in esse si specchino e piglino lena di forti proponimenti; lavoriamo pel patrio avvenire!

     » Noi non rende perplessi l’idea che sembra oggidì far timidi molti cittadini, anco ben volenti, nel vedere moltiplicarsi in paese i monumenti della pubblica gloria e riconoscenza; ci sembra anzi questo un segno consolatore di grande moralità; ci pare che, ove sieno doveri da compiere, l’inazione sia colpa: giudichiamo che lo stimarsi sia amarsi; sia essere e voler ad ogni costo essere liberi, forti e potenti.

     » Ponte, quest’umile paese della remota Valtellina, sortì l’onore d’avere dato i natali a Giuseppe Piazzi: ma le traversie dei tempi passati fecero sempre intoppo alla riconoscente generosità degl’intendimenti, e il dovere non si tradusse che in isterili voti ed in infruttuosi conati: — oggi, noi faremo ogni studio perchè assegua infallantemente il suo compimento.

     » Il P. Giuseppe Piazzi è una splendida gloria della nazione italiana. Chiaro al mondo per le sue opere, Astronomo massimo lo chiamava il celebre barone di Zach, affermando che, senza Cerere, non vi sarebbero state le scoperte di Pallade, di Giunone, di Vesta; e Gio. Battista Delambre, parlando di lui, solea dire: «l’Astronomia deve più al P. Piazzi e al Maskelyne, che a tutti gli altri astronomi da Ipparco sino a noi.» Altri non