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VI | AVVERTENZA |
confessa un morbo che l’infestò undici anni, e che gli suggerì forse il capitolo del Legno santo.
Eran ventisei mesi o poco manco,
Ch’attorno avevo avute tre quartane,
Ch’avrian logoro un bufol, non che stanco.
Avevo fatto certe carni strane,
Ch’io parevo un Sanese ritornato
Di Maremma di poche settimane.
Tristo a me, s’io mi fussi addormentato
Tra i frati in chiesa! in sul bel del dormire
E' m’arebbon per morto sotterrato.
Quanti danari ho speso per guarire,
Che meglio era giucarseli a primiera,
Che tutt’uno alla fin veniva a dire.
Ho logorato una speziarla intera:
Sonmi fatto a’ miei di più serviziali,
Che ’l Vescovo di Scala quando ci era.
Credo aver rotto duecento orinali;
E qui in Roma prima, e poi in Fiorenza,
Ho straccati i maestri principali.
Ho avuto al viver mio grande avvertenza
Alla fila alla fila uno e due mesi,
Ed altrettanto vivuto a credenza.
Ho mutato aria, ho mutato paesi,
Or ho abbracciata la poltroneria,
Or in far esercizio i giorni ho spesi.
Ma per non far più lunga diceria,
Conchiuderò, che non pigliando il legno,
Io ero bello e presso andato via.
Vestì l’abito di monaco vallombrosano e in quell’ordine ottenne ragguardevoli onori, cioè la Badia di S. Maria di Spoleto, e quella di S. Salvador di Vaiano. Così il Tiraboschi, il quale s’appose che fosse senza più abate commendatario. Se