ne fusse cagione quello sconcio romore, o com’ell’andasse, Chimenti si rizzò sopra di me, e disse: Ora non hanno grandissima ragione i viandanti a dolersi di questi imbriachi e maladetti osti? non vedi, che questo fastidioso, mentre che egli entrò dentro con sì grandissima furia per imbolare (come io mi penso) qualche cosa, che lo imbriaco ha fatto così grandissimo rovinamento, ch’egli m’ha desto? e Dio sa s’io dormiva profondamente. Io mi sforzai subito, tutto lieto e tutto giocondo, non aspettando così fatta novella, e dissi: Ecco, o diligente portinaio, il compagno, il mio padre, il mio fratello, il quale tu mi apponevi, che io aveva ammazzato stanotte: e dicendo queste parole non restavo d’abbracciare e baciar Chimenti. Ma egli, offeso da quel corrotto odore della orina, della quale m’avevan bagnato quelle streghe, mi discacciava pure indietro, dicendo, ch’io levassi via quel puzzo di così fetente carnaio; e poco poi motteggiando mi domandava perchè io così putissi: ma a me, a cui non era avviso che fusse tempo da ciancie, parve da farli mutare ragionamenti; e però, presolo per mano, gli dissi: Perchè ne lasciamo fuggir la comodità di camminare per lo fresco? chè non ne andiamo noi, anzi che sia più tardi? E così dicendo, preso le nostre bazzicature, e pagato l’oste, ci mettemmo in viaggio Noi eravamo andati già un buon pezzo in là, e i raggi del sole, spuntando per le cime de’ più alti monti, cominciavano a indorar la campagna; ed io curioso riguardava con diligenzia la gola del mio compagno da quel lato che io gli aveva veduto entrare il coltello, e diceva meco medesimo: O viso di pazzo, tu avevi bevuto troppo, e imperò sognavi così gran pazzia: ecco l’amico intero e sano; dov’è la ferita? dove la spugna? dove finalmente la margine così grande e così fresca? E poscia voltomi a lui, dissi: Non senza cagione dicono i buon medici, che a quelli uomini i quali hanno mangiato e bevuto superchio, par poi la notte vedere i miracoli: a me finalmente, che bevvi iersera senza misura, que-