Pagina:L'asino d'oro.djvu/29


libro primo 13

stra: misero a me, disse, il quale tratto d’un folle desio di veder fare due valenti uomini alle coltellate, e andando lor dietro, caddi nel profondo baratro della presente calamità; perciocchè, come tu sai bene meglio di me, poich’io ebbi molto ben guadagnato, partendomi da Salerno pieno di danari, me ne ritornava a casa; e poco avanti che io arrivassi a Eboli, vedendo così per transito quello abbattimento, passando per una scurissima valle, fui da crudelissimi ladroni assalito: i quali avendomi tolto ogni mio arnese, me ne andai a una ostessa chiamata Megera, vecchia, ma per altro arguta e gentile; alla quale raccontando la cagione del mio viaggio, e ’l desiderio d’irmene a casa, e sforzandomi, col raccontar la passata disgrazia, muoverla ad avere compassione del fatto mio, ella mi cominciò a trattare assai umanamente, e senza farmi pagar lo scotto, mi diede una buona cena, e poco poi assalita da una lussuriosa rabbia, mi menò seco a dormire, e subito (o meschino alla vita mia!) che io mi misi seco allato, mi sentii entrare addosso il mal della vecchiaia; e quelle poche vesticciuole, che i buoni ladroni mi avevan donate, a cagione che io ricoprissi le mie carni, insieme con certe coserelle, le quali ancor giovane, andando rivendendo le tele, io mi aveva guadagnate, io gli ne diedi: sicchè a quello stato, che tu mi vedesti poco fa, mi condussono la buona femmina e la mia mala fortuna. Per mia fe’, dissi io, udendo le sue parole, che tu se’ degno di sostenere ogni estrema miseria, se altra miseria di questa si ritrova maggiore; poichè tu hai fatto più conto d’una venerea dilettazione, e d’una vecchia e vieta concubina, che della tua casa, e de’ tuoi figliuoli. Ed egli, sentendomi dir queste parole, mettendosi alla bocca quel dito che al grosso è più propinquo, e divenuto in un tratto tutto attonito, e quasi balordo: tacitamente, disse; e guardando d’un luogo, dove egli potesse parlarmi senza essere udito da persona, seguitò: Non offendere, non offendere questa donna, acciocchè la intemperata lingua non ti sia cagione di qualche male.