Pagina:L'asino d'oro.djvu/279


libro decimo 263

rividono l’usata bellezza; e l’enormi orecchie spianandosi, ritrovaron la lor pargolezza; e quello che sopra ogni altra cosa mi era molesto, la coda se ne andò in fummo. Della qual cosa e la donna ed io, ancora innanzi sapessimo certo che così avesse da essere, non potemmo se non grandemente maravigliare. Non mi bastò l’animo allora di farlo, e però non mi basterebbe ancora a dirlo, quante grazie io avrei voluto rendere, subito ch’io mi vidi ritornato in Agnolo, e a Dio prima, e poscia al buon vecchione, e a quella che guida e ministra era stata della divina volontà: ma di lei non tacerò io già questo, che mentre che ella visse, io non lasciai a fare uficio alcuno verso di lei, che per me si potesse, che prontamente nol facessi e volentieri: ed ella verso di me oprando il simigliante, mi fece venir tale, che son forse volato alcuna volta, sua mercè, per le orecchie degli uomini valorosi, ch’io da me non avrei avuto sofficienti piume: e così gentil freno mi mise, che da quei piè ch’io era solito d’inciampare ad ogni