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libro decimo 239

rono al luogo, il padre del giovane fu quelli che colle sue mani volle rimuover la pietra d’in sul monumento. Nè voleva star più il pietoso soccorso; imperocchè già aveva la natura discacciata da sè la oscura sonnolenza, ed era il giovane ritornato dal regno di Plutone. Perchè il padre, abbracciatolo con quella tenerezza che voi vi potete pensare, per non avere parole sufficienti alla presente allegrezza, tacendo il trasse fuori della sepoltura, e così vestito delle funebri vesti, come egli era, il presentò dinanzi al podestà. Il quale, avendo poscia compiutamente inteso la scellerata opera dello iniquo servo e della scelleratissima donna, diede a ciascuno il meritato guiderdone; e al buon medico di comun consenso fu lasciato il pregio avuto dal servo per pagamento della sonnolente bevanda: e quel padre, che era in pericolo di perdere due figliuoli, barattandogli colla pessima moglie, che fu perpetuamente sbandeggiata, allor vivi e innocenti gli riebbe, quando la Fortuna pareva che morti e colpevoli glieli volesse torre.

Nè vi andò guari dopo così fatto accidente, che quel soldato, che senza vendita altrui mi aveva comprato, e senza danari suoi mi aveva fatto suo, dovendo per comandamento del suo capitano portar certe lettere, allor mi vendè diciotto lire a due fratelli, i quali stavano con un signore di casa Orsina, chiamato il signor Giordano: uomo, oltra la nobiltà del sangue e le maravigliose ricchezze, tanto piacevole e tanto gentile, quanto altro che fusse stato gran tempo fa in quelle contrade: e un di loro lo serviva a far berlingozzi, ciambellette, zuccherini, e altre così fatte cose; e l’altro gli amministrava la cucina. E perciocchè egli accadeva loro spesso andar dietro al padrone ora in questo castello e ora in quell’altro, di comune concordia, perciocchè e’ facevano compagnia insieme di tutti i lor guadagni, egli mi presero a cagione che io portassi loro dietro la cucina e le masserizie del fornaio dove bisognava: e in tutto quel tempo ch’io era stato asino, io non provai mai la miglior fortuna, nè mi diedi mai così bel