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libro primo | 9 |
in Greco le Latine Storie; cioè: tu potevi mancar di questa scusa non iscrivendo: perciocchè questo si dovria rimproverare a chi è in sua podestà, come forse era colui, non a me, che sforzato da chi m’ha potuto comandare, lasciando la profession mia inculta e soda, mi son messo a coltivare i dolcissimi orti delle dilettevoli Muse, appena per l’addietro da me veduti, e ora per volontà della mia bellissima luce e con sua guida fatti desiderio delle mie future vigilie, e guiderdone delle grate cortesie della mia dolcissima Amaretta. Io principio adunque una Tosca favola. Sta attento, lettore, che se io non m’inganno, tu ne prenderai gran sollazzo.
Io me ne andava per alcune mie faccende nel regno di Napoli, provincia assai lontana dalle nostre regioni, ma grande e maravigliosa: e quando il poggiar de’ monti, lo scender delle valli fu finalmente compiuto, quandochè io ebbi trapassato i rugiadosi cespugli e i zollosi campi, cavalcando un caval paesano tutto bianco, e quello anche assai stanco, acciocchè col camminare a piedi io mi ristorassi un poco della fatica sostenuta col lungo sedere sopra di lui, io smontai, e diedilo a un mio famiglio, il quale, posciachè gli ebbe diligentemente netto la fronte, rasciuttogli il sudore, e stropicciatogli gli orecchi, presolo per la briglia, se lo menò dietro pian piano, fino a tanto che egli stallasse. E mentre che il cavallo, lasciandosi indietro i verdi prati, e venendosene così a mano, voltando sempre la bocca per lato, carpiva qualche bocconcello d’erba così alla sfuggita, io mi feci terzo a due viandanti, i quali mi camminavano poco innanzi; e stando in orecchie, per udire quel ch’ei ragionassero, un di loro smascellando delle risa, disse: Deh per l’amor che tu mi porti, non dir più sì sconce bugie. Le quali parole udendo io, come curioso sempre d’intender cose nuove, soggiunsi: Anzi piuttosto fatemi partecipe de’ vostri ragionamenti; chè avvengachè io sia curioso de’ fatti altrui, sono desideroso d’apparare cose assai: ed inoltre la piacevo-