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libro nono 223

furia, con sassi e ciò che altro veniva loro alle mani si sforzavano di sopraffarlo. Ma quel nefario uomo, che più d’una volta si era imbrattato le mani nel sangue umano, messo man per un giannettone che egli aveva, lo lanciò all’un de’ due giovani per mezzo del petto. Nè cascò colui per terra, ancorch’e’ fusse morto; imperocchè essendoli passata l’asta per una delle spalle, e fittasi là oltre in un muro, ella il teneva sospeso in guisa, come se egli vivesse ancora: perchè un de’ servi di quel bravaccio, il più robusto, volendogli porgere aiuto, ricolto di terra un buon sasso, con quella forza che egli potè la maggiore, il trasse nel destro braccio del terzo giovane; ma egli nol giunse, com’e’ credette, perocchè fuor della credenza di ognuno, senza fargli male, gli rasentò la estremità delle dita. La qual cosa porse occasione al sagacissimo giovane d’una egregia e onorevole vendetta; perchè fingendo d’essere stato percosso nella mano aspramente, e però averla guasta, voltosi al crudelissimo giovane, disse: Godi oramai, sii lieto della rovina di tutta la nostra famiglia, sazia la tua crudelissima sete col sangue di tre fratelli, e trionfa