Pagina:L'asino d'oro.djvu/233


libro nono 217

puto: imperocchè la notte davanti, mentre ella dormiva, il padre, col capestro avvolto ancora intorno alla gola, e colle lagrime sempre in sulle gote, le aveva racconta l’abbominevole opera della malvagia matrigna, e in che guisa, e per che conto, e come egli si fusse morto. La qual cosa ella distesamente narrò in guisa, che tutti noi che eravamo presenti, lo potemmo intendere. E questo fu il modo per lo quale io seppi così distesamente questa novella: il quale ti basti per tutte le altre volte, che tu ti maraviglierai ch’io abbia inteso le cose così per lo minuto; ch’io non ti voglio ogni volta avere a render ragione del fatto mio. Posciachè la tapinella si fu cruciata per lungo spazio co’ pianti e co’ lamenti, racconsolata dagli amici e da’ parenti di casa, diede pur finalmente luogo al gran dolore; e consumate che furono tutte le cerimonie che si costumano in quel paese alla morte di un capo di casa, in capo de’ nove giorni tutte le cose mobili, bestiame e masserizie, fu messo allo incanto. E così la licenziosa Fortuna le robe d’una sol casa, con gran fatica in lungo spazio insieme ragunate, ella disgregò in picciol tempo nello arbitrio d’infinite persone; ed io, fra gli altri, capitai nelle mani