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libro quinto 107

bracciari e lieti baci, posto le due freno alla doglia, si godevan l’una l’altra le tre sorelle, Psiche, piangendo per l’allegrezza, disse loro: Entrate nelle nostre stanze, e ricreate le afflitte anime insieme colla vostra Psiche. E mostrando le ricchezze dell’aurea casa, la bellezza del luogo, e facendo pervenire alle loro orecchie l’obbediente suono della popolosa famiglia, entro a un gentile bagno, e a mensa non con umane arti fabbricata, con regali vivande abbondantemente le ricreò. Ma la sazietà e la gran copia di quelle celesti ricchezze già aveano entro al petto delle due sorelle stuzzicato il veleno della rabbiosa invidia; nè restava una di loro di domandare Psiche punto per punto, filo per filo, e segno per segno, chi fusse il padrone di quelle maravigliose ricchezze, chi fusse e come fusse questo suo marito. Nè ella però obbliata de’ comandamenti del suo consorte, fece palese pur uno de’ segreti del cuor suo; ma infingendo così alla sprovvista una sua risposta, disse, che egli era un certo bel giovane, nel cui bel volto appena appariva alcun segnuzzo di barba, il quale i più de’ suoi giorni per li boschi dietro alle fiere se n’andava spendendo: e dubitando che alcuna nota del precedente parlare non le scoprisse i suoi segreti consigli, avendole in prima cariche d’oro e d’ariento, e d’altre robe d’infinito pregio, chiamò Zeffiro, che subito le riportasse. E mentre che le venerabili sirocchie se ne ritornavano a casa, avendo già il fiele della invidia allagato lor tutto il petto, elle andavano con assai dispettose parole così fra loro ragionando della semplice Psiche; e finalmente disse l’una: O cieca, o crudele, iniqua Fortuna, così ti è paruto giusto, che fra quelle che sono d’un medesimo padre e d’una medesima madre generate, si conosca tanta disagguaglianza, che noi, che le maggiori siamo, ci troviamo maritate, anzi vendute per ischiave a mariti stranieri, lontano dalla patria nostra, dalla casa nostra, e da’ nostri parenti, in peggior luogo che se noi fussimo andate in esilio; e questo rimasuglio, il quale lo stracco ventre ha gittato fuori