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80 PARTE SECONDA CL. II.

zialità, ma non ne ignoriamo la limitazione. Come abbiam veduti i tiburtini privati nella seconda età di asse e semisse proprio; cosi qui troviamo i tudertini dichiarati quasi capite minores. Non possono eglino segnare l’asse; e perchè non vogliono rimanersi privi delle impronte del loro Giove, quindi, per pure mandarle in luce, le accompagnano alle note del semisse e del triente. Rispetto poi al numero grande della moneta tudertina di questa seconda età, che è ovvia anche nelle terre umbre ed etrusche lontane da Todi, la vera ragione pare che stia nella soppressione di tutte le altre zecche vicine. Todi rimasta sola, provedeva e a se e ad altrui coll’opera de’ suoi monetieri: perciò grande molto esser doveva la quantità della moneta che di là usciva.

Il perchè Roma non abbia obligati i tudertini ad imprimere il nome ROMA o ROMANO, ma invece gli abbia lasciati con la gloria dell’antico nome su la loro moneta, sta forse nella qualità e nella misura de’ privilegi de’ quali gli aveva chiamati a godere. I popoli tutti del nuovo Lazio erano in tutta la forza della parola veri cittadini romani; l’epigrafe delle loro monete non potrebb’essere con più verità appropriata: i tudertini pare con stretti vincoli si legassero a’ romani, ma non con quelli della cittadinanza, almeno all’epoca della loro moneta.

Rimarrebbono a rintracciarsi i tempi diversi, in che Todi segnò la prima sua moneta libera, la seconda acefala e la terza coniata. Confessiamo d’avere ad arte trascurato lo studio delle particolari storie delle città a cui spettano le nostre monete. Volevamo udire il solo linguaggio de’ nostri monumenti, e questo solo riferire a’ nostri lettori. L’intramischiamento di testimonj troppo diversi di tempo e d’interesse ne avrebbe in questo primo tentativo empiuta la mente di pregiudizj, e non saremmo quindi rimasti liberi a produrre le nostre congetture. Non mancherà certamente chi voglia istituire giudiziosi confronti tra il linguaggio della moneta e quello della storia, e forse noi medesimi saremo costretti un giorno a venire in tali quistioni; Allora vedremo le relazioni di Todi con Roma, e potrem forse nella storia trovare un qualche avviso cronologico su cui stabilire con buona ragione queste età diverse. Tuttavia, se non è falso il discorso da noi fatto intorno alla moneta de’ popoli cistiberini, osiamo infin d’ora affermare, che i tudertini cominciarono a segnar moneta forse in que’ tempi medesimi in che i latini finirono di fondere la loro: continuarono a segnarla di concerto con Roma per tutta quella età, in che la moneta romana venne degradando e perdendo del suo peso: finirono di coniarla quando l’aristocrazia romana si recò in mano l’assoluto dominio della moneta in tutta l’Italia.

Todi che fonde moneta di picciol peso per il buon accordo in che vive con Roma, è il secondo argomento fortissimo, il qual ci persuade, che per i popoli latini, tra’ quali non si rinviene moneta diminuita, corse un buon giro d’anni tra la moneta fusa e la coniata. Questa laguna di tempo