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RAGIONAMENTO 73

navamo altrove, che per molti fra loro questo tempo non dovette essere posteriore al regno del Superbo. Ricordavamo a conforto di quella sentenza l’atroce tradimento commesso da quel tiranno contro la persona dell’aricino Tulio Erdonio, e le conseguenze vituperose alla libertà latina che l’accompagnarono. Potremmo qui aggiungere a miglior sostegno il fatto delle romane colonie condotte e stabilite da Tarquinio nelle città lontane de’ volsci, Segni e Circello. Ma allarghiamoci pure fuori di que’ termini, lasciando ad altri di prevalersi del summum jus. Dimentichiamo anche l’infausta giornata del lago Regillo, e diam per conceduto, che latini, rutuli e volsci continuassero nell’uso della moneta nazionale perfino alla presa d’Anzio, accaduta nel 285. di Roma. Per tal modo la moneta latina, rutula e volsca sarebbe uscita dal legitimo suo corso almeno 468. anni prima dell’era nostra cristiana. Facciasi altretanto rispetto all’origine dell’arte. Non si tenga in alcun conto ciò che altrove abbiam detto, che la moneta cioè sia comparita la prima volta tra noi ne’ tempi prossimi al nascimento di Roma, e che possa essere stato il re Numa quegli che il primo la introdusse in questa città. Facciamola nata nella provincia nostra, durante il regno del primo Tarquinio, verso la metà del secondo secolo di Roma, e introdotta in Roma sotto Servio Tullio, verso il cadere di questo secondo secolo. Non è della presente nostra quistione il cercare per quanto lunga età la moneta fusa durasse in Roma: solo brameremmo che ci fosse conceduto, che presso i popoli non romani della provincia cistiberina continuò per lo spazio di centrentacinque anni, quanti ne corsero dalla metà del regno di Tarquinio Prisco fino alla espugnazione d’Anzio. Questi e non altri sieno i termini cronologici della presente nostra discussione.

Il secondo fondamento su cui debbono stabilire loro sentenza i nostri giudici è quello del conoscimento degli artisti che modellarono la moneta della nostra prima classe. Non v’ha dubbio ch’eglino o furono nazionali o stranieri. Se stranieri, o si recarono dalle provincie onde venivano l’arte della moneta che fabricarono, o trovarono quivi l’arte già stabilita, e non fecero che aggiungerle quegli ornamenti e quella eleganza che su la moneta si vede impressa. Se l’arte era qui trasportata e non nata, doveva nella sua prima culla, come abbiam detto altrove, aver lasciate le traccie di se, e vi sarebbe o fuor d’Italia, o almen fuori dell’Italia di mezzo una qualche città o provincia, che al pari delle città e della provincia nostra metterebbe in veduta i monumenti che furono gli esemplari dell’aes grave italico. Se poi l’arte era veramente d’invenzione italica, e gli artisti forastieri qua non venivano che per farla più bella, converrebbe che i monumenti nostri ci dimostrassero questo passaggio dalla prima loro naturale rozzezza a questo secondo perfezionamento. V’è anche una terza ipotesi. Poteva essere accaduto, che le nostre genti avessero inventata l’arte con la sola intelligenza, senza averla saputa recare alla pratica, e che per questo effetto aves-