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56 PARTE SECONDA CL. I.

nete coniate in argento e bronzo con la falce: quindi a’ lanuvini rimarrebbe il possesso delle monete fuse e coniate col simbolo appunto della clava. Niun si lasci prendere alla illusione di questo tentativo: confessiamo di non averlo qui descritto perchè ne crediamo veri i risultati, ma solo per mettere alla pruova il più solido ingegno di tanti altri numismatici italiani e stranieri, che molto più addentro di noi sanno leggere in questi preziosi monumenti.

L’ordine del discorso che abbiamo tenuto intorno alla moneta romana, esiggerebbe ora, che dicessimo poche parole intorno all’arte con che sono operate queste monete. Ma posciachè elle hanno molte virtù comuni con l’altre tutte non romane di questa prima classe, perciò ad evitare le nojose ripetizioni, di che tanto è costretto ad abbondare questo genere di scritture, aspetteremo di ragionarne in comune verso il fine di questa medesima classe.

TAVOLA VIII.


Le monete coniate poste sotto i numeri 14. e 15. della tavola XII. quantunque ripetano due delle impronte di questa tavola VIII., pure non valgono a scoprircene la patria con si buon argomento, com’è quello che le fuse ci recano innanzi. La Venere frigia del dupondio e dell’asse eguale in tutto a quella de’ due primi assi latini; la ordinaria provenienza delle monete di tutta la serie eguale anch’essa alla provenienza delle latine; il ripostiglio di monte Mario, che con gli assi romani e co’ tre primi latini racchiudeva almeno due esemplari di quest’asse; questi tre diversi indizj ne obbligavano a non andar lungi ne da Roma né dal Lazio per raggiungere l’intento. La ruota ne scoperse l’ultima differenza. Perchè mai, dicevamo a noi stessi, questo invariabile simbolo in moneta d’un popolo che fioriva un tempo ne’ confini di Roma e del Lazio? E la memoria ci rispondeva che il nome de’ rutuli, che possedean le terre prossime a’ romani e a’ latini, era più che bastevole a chiarire quivi ogni oscurità. I pratici del linguaggio simbolico delle monete antiche non hanno mestieri d’altro avviso per giudicare della nostra congettura: perciò lasciamo in disparte le più sottili speculazioni e la ricca varietà degli esempj e della erudizione, con che non ci sarebbe difficile l’impinguare il nostro discorso, senza forse accrescergli in niuna guisa la virtù dimostrativa.

Il peso di queste monete, se pure può rilevarsi dal dupondio e da’ tre assi di questo medagliere, arriva alle undici oncie e non discende sotto le nove e mezzo; ossia sale dove non salgono gli assi romani della prima epoca, e non s’abbassa alle nove oncie di quelli. Da questo confronto non può dedursi altra conseguenza, se non che la moneta de’ rutuli non può per la ragione del peso tenersi posteriore alla moneta romana.

Tra i popoli ch’ebbero stanza tra il Tevere e il Liri non ve n’ha alcuno che meglio de’ rutuli, e d’Ardea loro metropoli, abbia saputo farci