Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
RAGIONAMENTO CL. I. | 45 |
tuttociò per la robustezza e per il suo uffizio poteva essere simbolo di quel nome. La clava che vedesi sculta sul fianco di queste prore in molte delle monete romane, che furon le prime operate col conio, aggiungerebbe un piccolo peso alla nostra opinione. Una seconda congettura vorrebbe che credessimo intendimento del primo autore della moneta romana essere stato quello di mostrare a’ popoli vicini il vantaggio di che Roma godeva in loro confronto. Essa sola sedea su le rive di quel fiume ch’era forse allora il porto più facile e sicuro anche alle navi più grandi che percorrevano il vicin mare. Né solamente posta era sul fiume, ma n’ era legitima padrona sino alla foce; perchè Romolo avea già tolto a’ vicini ogni diritto su le due rive, se si può prestar fede a’ primi articoli delle romane istorie.
Senza voler penetrare molto addentro ne’ misterj delle arti belle, noi vediamo che queste monete appena mai hanno tra loro un carattere eguale e costante. Nella prima epoca a cagion d’esempio il bifronte offre un insieme ben proporzionato, quantunque nelle parti dimostri assai scarsa intelligenza: il Giove è quasi mezzanamente buono: la Minerva manca di quelle forme che la contradistinguano donna e dea: l’Ercole cade poco meno che nel deforme: il Mercurio e la Venere si rimangono anch’essi al di sotto della mediocrità. Ne’ tempi diversi della diminuzione del peso le monete fuse potrebbono quasi dirsi mostruose: tanto in esse l’arte è universalmente trascurata. In questo tempo medesimo a tanta trascuranza nella fusione accoppiasi nel conio un’ arte, che se non è ottima por ogni parte, è certamente all’ottimo molto prossima. Ma quivi pure a misura che il conio si diparte dalla sua prima origine, le monete vengon perdendo di bellezza e di eleganza, fino a diventar barbare: non mai però in modo ohe così nelle coniate come nelle fuse non se ne vegga tratta tratta comparirò qualcuna lavorata con discreta diligenza e proprietà.
Da questi fatti crediamo si possa dedurre, che nella doppia origine della moneta fusa e della coniata, Roma fu costretta a prevalersi d’artisti forastieri, perchè i proprj non erano da tanto; che in seguito adoperò gli artisti proprj, a’ quali imponeva l’uffizio di far moneta, senza obligarli a farla bella; che ne’ tempi della diminuzione del doppio genere di moneta qualcuno tra la moltitudine degli artisti romani seppe sollevarsi ad un qualche pregio nell’esercizio della sua professione; se pure queste monete di stile migliore non debbono anch’esse attribuirsi a maestri stranieri, che di tempo in tempo quivi ricoveravano.
TAVOLE IV. V. VI. VII.
Le monete coniate in bronzo con la impronta romana e con l’epigrafe ROMANO abbiam veduto che sono mirabilmente acconcie a persuadere, che le