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44 PARTE SECONDA

confutazioni. Basterà recare in mezzo un doppio confronto per nostra giustificazione. Se la dea del dupondio e dell’asse della tavola VIII. è quella dea medesima che vedesi scolpita su gli assi delle tavole IV. e V., quantunque tra l’una e l’altra v’abbiano delle grandi differenze di stile, stimiamo che gl’intelligenti non troveranno difficoltà ad accordarsi con noi in riconoscere su’ decussi e tripondj romani questa dea stessa, comechè sieno molto gravi le differenze del costume e dell’arte romana dall’arte e dal costume straniero. Ma questi stranieri non erano né gli alleati , né gli amici di Roma; le erano rivali ed emoli invidiosi ; anzi il più delle volte le erano nemici, come quelli che troppo ben conoscevano i divisamenti di lei a loro danno. Or chi potrà persuadersi , che i rivali e nemici di Roma , mentre durano le rivalità e le inimicizie , vogliano tributarle si alto onore da scolpirne la imagine nel luogo il più nobile della loro moneta?

E se vero fosse che le prime origini della moneta di Roma risalgono al primo secolo della città, chi vorrà pure recarsi a credere, che Romolo o Numa pensassero fin da quel tempo ad innalzare a divini onori quella disordinata riunione di miseri abituri e di squallide capanne ch’era Roma in quella sua infanzia? Non neghiamo con ciò, che ne’ tempi in cui le memorie della priam istituzione s’erano smarrite, tra gli stessi romani vi potessero essere di quelli che alla propria Roma, piutosto che alla Venere attribuissero quella imagine. Ma qui noi discorriamo del primo disegno di questa moneta , e in vederla in quella prima comparsa che fa di se nella tavola III. A. n. 6. vestita di forme molto più guerresche di quelle che mostra negli assi delle tavole IV. V. e VIII., riconosciamo l’indole feroce e soldatesca di que’ primi romani, che ogni lor cosa erano obligati a trasformare in armature e in ornamenti da guerra.

I due bifronti non romani della moneta italica primitiva ed insieme la testimonianza autorevole di Servio ci obligano a non riconoscere Giano nel bifronte romano. Ora noi abbiamo nuovi sospetti eziandio contro la nave di Saturno.

Quando i latini , co’ quali Saturno aveva avute relazioni immediate e dirette, vollero porci su gli occhi un simbolo proprio di lui solo, non ricorsero alla nave, ma alla falce cosi bene acconcia a significarci il nome di lui che da essi chiamavasi dio falcifero. I romani che presero da’ latini l’arte della moneta non avrebbono forse adoperato mai altro tipo fuori della falce, se avessero qui voluto parlarci di questo iddio, con cui non erano tanto strettamente legati quanto i latini.

E a qual fine adunque cotesta nave su tutti i rovesci della moneta di bronzo romana ? Facciano i nostri lettori quel conto che si meritano di due congetture che qui liberamente publichiamo. I romani avevano veduta l’unità dell’impronta nel rovescio delle monete che sono alla tavola VIII., e avevano veduto in quella ruota il nome del popolo che delle monete era il padrone. La prora, della nave non portava forse il nome di forza o di Roma: con-