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114 PARTE SECONDA CL. IV.

che di essa finora conosciamo, e che ora forse per la prima volta compariscono qui riunite.

Che sieno queste di genti oltramontane, ce lo dichiara il peso del nostro diobolo che tocca quasi le tre oncie: che queste genti sieno i vestini, lo argomentiamo dalla provenienza annunziataci dall’Avellino e confermataci dalla testimonianza locale dello studiosissimo Signor Abate Don Vittorio Jandelli. Questi prima di lasciare la città di Penna e trasferirsi in uffizio di professore nel seminario di Lanciano, ci avvisò del trovamento colà di più d’un’oncia e di più d’una semoncia. Aggiungasi l’epigrafe in caratteri al tutto eguali a quelli degli atriani e de’ latini, dal cui magistero doveano i Testini aver attinto tutto il meglio della loro civiltà e delle loro arti.

Converrà aspettare lo scoprimento dell’altre monete di questa serie per giudicare delle relazioni de’ vestini con l’altre genti che ebbero l’aes grave proprio. La testa di bue e la bipenne sono i simboli che abbiamo osservati nelle due monete umbre che a noi pareva appartenessero a Spello. La mezzaluna è quale tra gl’iguvini; la conchiglia come in parecchie tra le monete latine e cistiberine; il calzare come in Atri. Finora gl’ispellati, quantunque fin qui non ci abbiano fatte conoscere se non due sole delle loro monete, sono quelli che più che altri si stringono a’ vestini. Dell’arte formi ognuno quel giudizio che da quelle cinque insegne crede possa dedursi.

CLASSE V. TAVOLA I.

Da mutarsi secondo l'avviso già dato in

CLASSE IV. TAVOLA IV.


Le monete di questa officina si rimarrebbono forse tra le incerte, se non avessero il vantaggio delle tudertine e delle romane, d’esser divise in diverse età e nella doppia arie della fusione e del conio. Ne’ primi tempi i loro autori non fecero alcun cenno del particolare loro nome: nella seconda età vi scolpirono in una L arcaica la propria iniziale: nella terza vi espressero l’intero nome LOVCERI. Possiam dunque rimanerci in una piena certezza, avuto anche riguardo alla provenienza delle monete, che la intera serie spetta a Lucera, che è forse la più illustre fra le città dell’antica Daunia. Abbiam ripetuto più volte che il rutulo Pico ebbe a figliuolo Fauno o Dauno: e come i piceni presero da Pico il loro nome, così i daunj lo presero da Fauno o Dauno. Ma Festo ci lascia argomentare, che anche il nome di Lucera venga dalle terre de’ rutuli. Lucero, dice egli, chiamavasi quel re d’Ardea che venne in soccorso di Romolo nella guerra che questi sostenea contro Tazio; e aggiunge che la terza centuria de’ cavalieri, la quale poco dopo quella guerra in Roma s’istituì, fu detta de’ Luceri dal no-