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110 | PARTE SECONDA CL. IV. |
pere la forza dell’onde, su di che potrà vedere lo Scheffero de Militia Navali nel T. V. aggiunto dal Poleni alle antichità GG. e RR. del Gronovio p. 871. Parmi da ciò che l’unica conseguenza che si possa dedurre da questa diversità di rostri nei nummi di Labeone sia quella che circa i suoi tempi cominciasse ad essere ricevuta da’ romani la nuova invenzione, ch’era poi certamente in uso fra loro alla metà del VII. secolo ab U. C.„
Fin qui la perspicacia e l’erudizione maravigliosa del Borghesi, da cui ci ripromettiamo non pure le dichiarazioni delle quali qui gli rinnoviamo le istanze, ma eziandio una spiegazione del modo ond’egli tiene, che il rostro dell’oncia riminese, ritrovamento italico, sia divenuto insegna gallica. Conchiudiamo avvisando che rispetto alla moneta coniata, noi opinavamo ch’ella fosse contemporanea a quella di Ancona, e alle tre coniate di Todi, cioè di quegli anni che corsero tra il cacciamento de’ Galli da Rimino e la severa legge romana della totale abolizione della moneta autonoma per tutte quelle parti d’Italia.
TAVOLA II. e III. A.
Da Rimino convien discendere lungo il litorale adriatico fino ad Atri, per trovare una seconda officina di aes grave. Pesaro, Ancona, Fermo, Ascoli, Cupra, per tacer d’altre città più dentro terra, ma di minor fama di queste, nulla sanno additarci di proprio in questo genere. Cotali genti ch’erano pure e numerose e non incolte, fecero ciò che testé ricordavamo d’alcuni etruschi; videro l’arte a’ due loro confini, e non si preser la briga di recarsela in casa. Ne solamente si rimasero inoperose in quanto non eressero officine proprie, ma altresì in quanto pare si astenessero dal trafficare con la moneta quasi straniera degli atriani e de’ riminesi. Nell’Etruria maritima non è rara la moneta cistiberina; ma la moneta atriana e riminese può dirsi rarissima nelle regioni che giacciono tra Rimino ed Atri. La qual rarità ne lascia eziandio luogo a credere, che queste due città non esercitassero su le vicine quell’impero ed autorità, con che Roma fin dalla sua prima quasi adolescenza seppe diffondere nelle prossime provincie il suo aes grave.
Chi voglia udire intorno alle monete di Atri cose anche più maravigliose di quel che sembri potersi aspettare dalla severa critica della presente età, legga Melchiorre Delfico nell’opera ch’egli publicò con questo titolo Dell’Antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno. Napoli 1826. Le nostre osservazioni vanno troppo lontane dalle sue dottrine. D’altronde qui noi non abbiamo mestieri di scrivere un libro, ciò che dovremmo pur fare, se chiamar volessimo ad esame le sentenze di quell’autore: vogliamo in pochi tratti publicare il risultamento degli usati nostri confronti.