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102 | PARTE SECONDA CL. III. |
logia per questa ragione medesima. Il signor Luigi Arduini, nostro amorevolissimo, ritornava nel 1837, agli scavi d’Orte tentati da lui con buon esito nell’anno precedente. A lui caldamente ci raccomandavamo, perchè ne tenesse esatto conto delle monete di tutta sorte che per ventura gli sarebbon venute alle mani. Giace Orte su la destra del Tevere, quasi ad egual distanza da Roma e da Chiusi e Perugia, città etrusche e ricche, secondo il nostro avviso, di moneta autonoma. Avevamo fiducia che nell’antica di lei necropoli le monete romane e cistiberine sarebbonsi trovate intramischiate con le etrusche: ma furon vane le nostre speranze; perchè ricavò l’Arduini presso a cinquanta monete dalle grotte che aperse, delle quali tre sole erano di quelle che noi abbiamo attribuite a’ confederati latini, l’altre tutte romane.
Cotale osservazione ci metteva nella necessità di conchiudere, o che questa parte d’Etruria cotanto illustre, cotanto agiata ed industriosa non avesse mai avuta moneta propria, o che ad essa appartengano alcune di quelle serie della prima classe, che noi abbiam dichiarate esclusivamente per cistiberine. La prima conchiusione ci parea poco onorevole, massime nel concetto di que’ moltissimi; i quali forse con soverchia sicurezza vanno insegnando, che solo al sopravenire della colonia di Demarato l’ingegno de’ popoli di queste terre italiche, segnatamente degli etruschi di Tarquinia, Vulci, Cere, e Vejo, uscì dalla rozza condizion sua primitiva. Si dirà poco credibile, che il greco rigeneratore, il qual veniva da quel Corinto, che in celebrità ed eccellenza d’arti non la cedea forse ad alcun’ altra città greca, e vi veniva con dietro una schiera di valenti maestri d’arti diverse, non si fosse preso cura d’ammaestrare i suoi ospiti alla fabricazione utilissima della moneta, la qual pure fin d’allora avea corso nella prossima provincia cistiberina. Tra mezzo a questi pensieri raddoppiavasi la nostra attenzione; ma non ne avemmo altro compenso, fuorché il medaglioncino d’argento disegnato nella Tavola di supplemento sotto il num. 9. classe III., uscito per quanto possiamo credere dalle escavazioni vulcenti. Che esso poi abbia tutti i caratteri della etrusca nazionalità, altri di noi più perito lo giudichi.
La seconda conchiusione vorrebbe che togliessimo alla provincia cistiberina alcune delle serie attribuitele, e le recassimo in Etruria: il quale traslocamento sarà da’ meno cauti giudicato tanto meno condannevole, quanto che non di rado si rivengono non lungi molto dalla destra riva del Tevere parecchie di cotali monete. Noi non faremo grandi sforzi per contraporci a questa divisione: vorremo solamente che la si eseguisse con sana critica, perchè, se non la giustizia e l’onestà, almeno il buon senso non avesse a chiamarsi offeso. Daremo anzi mano all’opera, e incomincieremo dalla moneta romana. Questa è che in copia maggiore di quella d’altri popoli s’incontra nelle prossime terre trastiberine, ciò che è pur facile a spiegarsi per la vicinanza maggiore di Roma al fiume, per la maggiore sua possan-