le due genti indicateci dal bifronte di Volterra. Il fatto qui rimarchevole è quello delle due zecche da cui derivano le monete di questa prima Tavola. Quella che dal maggior numero de’ monumenti superstiti apparisce essere stata la prima, segnava ii bifronte nel diritto, e in mezzo all’epigrafe scolpiva nel rovescio la clava. La seconda non usava nel rovescio che la sola epigrafe, e nel diritto copriva il bifronte con quella varietà di pileo schiacciato che abbiamo indicata sotto il num. 18. Tavola V, Incerte. Se l’esperienza non ci avesse più d’una volta dimostrato il grave pericolo ch’egli è quello del prestar cieca fede ad ogni ordine di publicatori, dovremmo dire che vi esiste una terza serie di monete volterrane, nelle quali in luogo della clava vedesi scolpito un delfino. Ma contro l’esistenza di questa impronta ben da tre lati ne insorgono dubbj. Tra le monete di Volterra che contansi in questo medagliere e che abbiam presso altri incontrate, non ci è accaduto finora di vederne una sola genuina con sopra questa imagine. In quella vece le false con l’impronta del delfino sono sì abbondanti, che presso un solo privato raccoglitore, di ottimo animo, ma non d’ottimo occhio, ben tre assi di tal fraudolenta natura vedemmo alcuni anni addietro. Nella collezione nostra ve n’era un quarto insieme con quello svergognato dupondio, che lo Zelada medesimo faceva publicare come sospetto. In questo numero dee collocarsi la moneta coniata di Volterra che ha un Apollo nel diritto e un delfino nel rovescio, circondati amendue della medesima epigrafe, progressiva da sinistra a destra in una parte, da destra a sinistra nell’altra. Anche l’intelligentissimo Avellino la tiene per falsa; e noi dietro a lui la riproduciamo a comune disinganno sotto il num. 16. Tavola V. Incerte. L’ultima ragione del nostro dubbio é la facile origine di quel delfino per certi osservatori meno sagaci. Non è inverisimile, che quando con poca critica ed esattezza publicavansi gli antichi monumenti, un chichesifosse prendesse per un delfino la clava della prima serie volterrana, e per un delfino la facesse disegnare. E perchè ne’ ritrovamenti e nel comune commercio quella impronta forse mai non compariva, perciò i moderni falsarj hanno trovato il loro maggiore interesse a fornire agl’incauti compratori e raccoglitori piutosto questa impronta che quella della clava o l’altra che mancava di clava. L’amore del vero non permetteva che dissimulassimo cotali dubbj: ma il desiderio di vedere su giusti fondamenti crescere il numero delle officine numismatiche dell’Italia primitiva, si contenterebbe anche d’un sol monumento genuino per proclamare l’esistenza di questa terza zecca volterrana. Il semisse che abbiam fatto disegnare alla Tavola V. Incerte sotto il num. 17., e che abbiamo tratto dall’originale del medagliere della biblioteca reale di Parigi, speravamo potesse prestarci quest’insigne servigio: ma sfortunatamente un qualche nemico del vero ha con scalpelletti e limette fatto mutar faccia al rovescio di quella moneta, che è pur sincera ed antica nel suo diritto, forse per trasformare la clava che v’era, nel delfino che si desiderava che fosse. Que-