che si soddisfaccia al danno e più non tengono commercio con quella gente che gli offese. Non che meno curino i loro cittadini che i loro confederati, ma perchè i mercanti di questi, essendo ingannati, perdono del proprio avere, laonde sentono maggior danno; e i cittadini Utopiensi altro non possono perdere che dei beni della repubblica, i quali si mandano ad altri paesi, quando avanzano loro, ed indi quasi niuno ne prova disagio. Perciò reputano che sia una crudeltà voler punire con morte di molti quel danno, dal quale niuno sente incomodo nel vivere o nella vita. Ma se alcuno dei loro cittadini viene ferito o morto ingiuriosamente, sia per consiglio pubblico o privato, mandano ambasciatori a dimandare i colpevoli, e, non essendo loro dati, movono guerra contra quel popolo a cui appartengono. I colpevoli, che sono lor consegnati, ovvero uccidono, o tengono per servi. Si vergognano e pentono della vittoria sanguinosa, parendo loro di aver comperato troppo caro le mercanzie, ancorchè fossero di gran prezzo. Si gloriano di aver vinto i nemici con arte o con inganno; di questo trionfano pomposamente e ne rizzano un trofeo: ed allora si vantano arditamente quando hanno vinto con quell’industria, con la quale l’uomo solamente può vincere, cioè con le forze dell’ingegno, il che reputano un’egregia virtù. Dicono essi: i leoni, gli orsi, i lupi, i cinghiali, i cani e le altre bestie combattono con le forze del corpo; ma siccome assai di quelle ci vincono per valore e ferocità corporale, così noi le superiamo tutte con l’ingegno e con la ragione. Nel loro guerreggiare mirano di ottenere quella cosa, per cagion della quale hanno mosso guerra; e se alcuno ad essi resiste, ne fanno così atroce vendetta, che gli altri per l’avvenire non ardiscono contrapporsi. Propostosi uno scopo, in breve ne vengono all’effetto, avendo però l’occhio principalmente piuttosto a schivare il pericolo, che a farsi gloriosi. Perciò, intimata la guerra, fanno porre segretamente molti scritti col bollo pubblico nei luoghi più frequenti dei nemici,